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È conosciutissima e non ha bisogno di presentazioni. Esistono diverse forme di questo tipo di dieta; le più importanti sono: la latto-vegetariana (che include anche il consumo del latte e dei derivati), la latto-ovo-vegetariana (che oltre al latte e ai derivati, include anche le uova) e il veganismo (che esclude l’apporto di qualsiasi prodotto di derivazione animale).

Prenderemo più avanti in considerazione l’effetto sull’organismo delle proteine animali. Ci sono però altre evidenze in letteratura che riportano come i vegetariani abbiano il 50% di rischio in meno di sviluppare cancro e malattie cardiache. Secondo l’American Dietetic Association le diete vegetariane correttamente pianificate, comprese quelle vegane, sono salutari, adeguate dal punto di vista nutrizionale, e possono conferire benefici per la salute nella prevenzione e nel trattamento di alcune patologie. Altri lavori indicano la validità della dieta vegetariana per controllare, oltre a rischio cardiovascolare, anche il diabete. Di seguito è riportato il risultato di uno studio che mette a confronto 49 soggetti con alimentazione vegana e 50 soggetti con alimentazione bilanciata proposta dall’ADA (American Dietetic Association).

Nella posizione ufficiale dell’American Dietetic Association si legge che “A condizione che vengano consumati gli alimenti vegetali in modo variato e che venga soddisfatto il fabbisogno energetico, le proteine vegetali sono perfettamente in grado di soddisfare i fabbisogni nutrizionali”.
La ricerca indica infatti che una varietà di cibi vegetali assunti nel corso della giornata è in grado di fornire tutti gli aminoacidi essenziali ed assicurare l’assunzione e l’utilizzo di azoto negli adulti sani, indicando che le proteine complementari non debbano necessariamente essere consumate all’interno dello stesso pasto”. Una recente meta-analisi di studi sul bilancio azotato non ha evidenziato differenze significative nel fabbisogno di proteine in relazione alla fonte dietetica delle stesse. Sulla base dell’indice aminoacidico corretto di assimilabilità delle proteine – metodo standard per la determinazione della qualità proteica di un alimento – l’isolato proteico di soia e quello degli pseudo-cereali (grano saraceno, quinoa e amaranto) sono in grado di soddisfare il fabbisogno proteico come le proteine animali, mentre le proteine dei cereali e legumi risultano meno utilizzabili. Tra gli aminoacidi essenziali (quelli non sintetizzati dall’organismo umano) la lisina è scarsa nei cereali e nella frutta secca (nel mais e nel riso brillato anche il triptofano), mentre la metionina è carente nei legumi. L’utilizzo insieme ai cereali di una maggior quantità di legumi e prodotti della soia o degli pseudo-cereali è in grado di assicurare un apporto adeguato di lisina nella dieta vegana.
A dire il vero, la discussione scientifica sulla quantità ottimale di proteine risulta di scarsa rilevanza, in quanto assunzioni giornaliere di 0,8 g/kg (fabbisogno stimato in eccesso nell’adulto sano sedentario) vengono largamente raggiunte in tutte le comuni diete occidentali (54). Il consumo di grandi quantità di carne, in quanto fonte di proteine ad alto valore biologico, non è necessario, come non è necessario consumare grandi quantità di uova e di latticini per i vegetariani. Queste convinzioni hanno conseguenze negative sulla salute, portando come risultato ad una dieta più ricca di grassi. Le proteine dei cereali, dei legumi e della frutta secca, della verdura e della frutta, sono in grado di fornire le richieste proteiche di qualunque organismo, a qualsiasi età, con qualsiasi tipo di attività fisica, dai sedentari agli sportivi professionisti, e sono abbondantemente contenute in questi alimenti, ricchi di molte altre sostanze fondamentali per la crescita e il mantenimento fisico e della salute dell’uomo.

I carboidrati nella dieta vegana: le raccomandazioni riguardanti l’assunzione di carboidrati non si differenziano tra vegani, vegetariani e onnivori. I vegani, tuttavia, per il tipo di alimenti che sono soliti assumere, risultano facilitati a raggiungere percentuali molto elevate di carboidrati complessi. Infatti, cereali e legumi, necessari in questo tipo di dieta per l’adeguato soddisfacimento delle esigenze proteiche, sono entrambi assunti giornalmente in quantità appropriate.

I grassi nella dieta vegana: la dieta vegana, escludendo prodotti animali diretti e indiretti, comporta un’assunzione giornaliera di acidi grassi saturi molto limitata e la completa esclusione del colesterolo.
Per quello che riguarda gli altri grassi, le diete vegane presentano generalmente un apporto adeguato di grassi monoinsaturi (olio di oliva), risultano ricche di acidi grassi omega-6, mentre tendono a contenere quantità marginali di omega-3 (presenti nel pesce, nelle uova e nelle alghe).
L’Acido alfa-linolenico (ALA), precursore della serie degli omega-3, è presente nelle noci, nei semi di lino, nella soia e nei loro oli. Da questo possono essere sintetizzati: l’Acido eicosapentaenoico (EPA; 20:5n-3) e l’Acido docosaesaenoico (DHA; 22:6n-3).
I vegani tendono a presentare livelli ematici di EPA e di DHA più bassi rispetto ai non-vegetariani. Gli integratori a base di DHA derivati dalle microalghe sono ben assorbiti e in grado di influenzare favorevolmente i livelli ematici di DHA e di EPA attraverso il processo di retroconversione. Per evitare di assumere integratori, i vegani dovrebbero includere nella loro dieta buone fonti di Acido alfa-linolenico, come olio di semi di lino, olio di soia e di noci i quali, se assunti singolarmente, andrebbero assunti nelle rispettive dosi di 2 cucchiaini, 6 cucchiaini e 60 grammi al giorno.

Zinco e dieta vegana: la biodisponibilità di zinco nella dieta vegana è ridotta rispetto a quella della dieta onnivora, principalmente a causa dell’elevata assunzione di acido fitico. Così il fabbisogno di zinco per alcuni vegani che seguono diete composte principalmente da cereali integrali e legumi (entrambi ricchi in fitati) potrebbe essere superiore a quello indicato dalle RDA.

Iodio e dieta vegana: le diete a base vegetale sono tipicamente a basso contenuto di Iodio. Il sale arricchito di Iodio rappresenta la soluzione più semplice, mentre l’assunzione di Iodio a partire dalle alghe deve essere sempre controllata, dal momento che il contenuto di questo elemento nelle alghe è molto variabile ed alcune ne contengono quantità importanti. Cibi come la soia, le Crucifere e le patate dolci contengono alcuni gozzigeni naturali; la loro assunzione però non è stata associata ad insufficienza tiroidea in soggetti sani con adeguati apporti di Iodio.

Vitamina B12 e dieta vegana: la Vitamina B12 non è presente nei cibi vegetali (in minima concentrazione in alcune alghe che, tuttavia, contengono anche analoghi inattivi e potenzialmente dotati di un antagonismo d’azione con la vera Vitamina B12). Per i vegani, la Vitamina B12 deve essere ottenuta grazie all’utilizzo regolare di cibi fortificati, come le bevande di soia e di riso, alcuni cereali a colazione ed analoghi della carne derivati da soia o da cereali. Nessun cibo di origine vegetale non addizionato con Vitamina B12 contiene quantità significative di Vitamina B12 attiva; i prodotti fermentati a base di soia non possono essere considerati fonti affidabili di Vitamina B12 attiva. Pertanto i vegani, non disponendo di fonti di Vitamina B12, necessitano di integrazione attraverso l’assunzione di integratori o cibi fortificati (fabbisogno: 2 microgrammi/die; assunzioni raccomandate: 3 microgrammi se in più assunzioni giornaliere; 5-10 microgrammi in singola assunzione giornaliera; 2000 microgrammi in singola assunzione settimanale). Lo stato della Vitamina B12 può essere meglio determinato con il dosaggio dei livelli ematici di omocisteina, Acido metilmalonico e Olotranscobalamina II.

Calcio e dieta vegana: nella dieta vegana, l’apporto di Calcio tende ad essere basso e può collocarsi al di sotto delle assunzioni raccomandate. Inoltre, gli ossalati ed i fitati presenti in alcuni cibi vegetali, possono ridurne l’assorbimento.
Viceversa, elevate assunzioni di Sodio sono in grado di incrementare le perdite urinarie di Calcio.
Nello studio EPIC-Oxford il rischio di frattura ossea è risultato simile tra vegani, vegetariani e carnivori, mentre i vegani con assunzioni giornaliere medie di Calcio inferiori ai 525 mg presentano un rischio di frattura più elevato del 30% .
Alcuni studi hanno dimostrato che il rapporto Calcio/proteine assunte con la dieta sarebbe maggiormente predittivo dello stato di salute dell’osso rispetto alla semplice assunzione di Calcio. Tipicamente, questo rapporto risulta elevato nelle diete latto-ovo-vegetariane (favorevole per la salute dell’osso); vegani e onnivori hanno un rapporto Calcio/proteine simile. Le verdure verdi a basso contenuto di ossalati (cavolo cinese, broccoli, cavolo riccio, cavolo verde) e i succhi di frutta fortificati con Calcio citrato e malato sono buone fonti di Calcio ad elevata biodisponibilità (rispettivamente dal 50 al 60% e dal 40 al 50%), mentre il tofu ottenuto con il solfato di Calcio ed il latte vaccino hanno una buona biodisponibilità di Calcio (circa 30-35%); i semi di sesamo, le mandorle e i fagioli secchi hanno una biodisponibiltà inferiore (tra 21 e il 27%). La biodisponibiltà del Calcio a partire dal latte di soia fortificato con Calcio carbonato risulta sovrapponibile a quella del latte vaccino. I cibi fortificati con Calcio come succhi di frutta, latte di soia, latte di riso e cereali per colazione possono fornire quantità significative di Calcio alla dieta dei vegani.
Per i vegani necessita l’assunzione giornaliera di soia e derivati, mandorle, sesamo ed alcune verdure come rucola, cime di rapa, cicoria, cardi, broccoli, carciofi, radicchio ed indivia; infine, non dovrebbe essere trascurata la scelta dell’acqua (alcalina e ricca in Calcio) poiché in grado soddisfare il 50% delle necessità giornaliere.

Vitamina D e dieta vegana: deficit di Vitamina D sono stati descritti con maggior frequenza tra i soggetti vegani (la Vitamina D si trova comunemente nei cibi animali grassi, come uova, latte, olio di pesce). Per questo gruppo di soggetti, lo stato della Vitamina D nell’organismo dipende dall’esposizione al sole e dall’assunzione di cibi fortificati o di integratori. L’entità della produzione cutanea di Vitamina D in seguito all’esposizione alla luce solare è molto variabile ed è influenzata da fattori quali l’ora della giornata, la stagione, la latitudine geografica, la pigmentazione della cute, l’uso di filtri solari e l’età.

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