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Oggi parliamo in generale del nostro corpo, della nutrizione, e di cosa faccia veramente bene alla nostra salute. Troppo spesso prendiamo scelte sbagliate per dimagrire e ci affidiamo alla prima “dieta” che ci promette risultati miracolosi. Facciamo attenzione: rischiamo di prendere delle cantonate e di farci del male.

Prima di tutto ricordiamoci sempre del fatto che il nostro corpo ha bisogno di un equilibrio dei macronutrienti tale per cui diete troppo restrittive innescano un meccanismo di risposta ad una situazione che l’organismo vive come “carestia”. Questo processo sfocia nelle cosiddette abbuffate nervose, di cui abbiamo parlato qui.

Questo sottile equilibrio organico che il nostro corpo tenta di preservare anche in situazioni estreme, si chiama omeostasi, ed è quel processo che fa aumentare la sensazione di fame a fronte di una mancanza di cibo.

Dunque, ecco che nella genesi delle abbuffate entra in gioco anche un fattore fisiologico (ossia comune a tutti noi e non solo dipendente dalla nostra psiche). Persone che hanno un brutto rapporto con il cibo, persone depresse, ansiose o ipercritiche tendono ad essere molto più sensibili alle abbuffate da restrizione alimentare perché in loro i due condizionamenti (fisiologico e psicologico) si sommano.

Quindi, vediamo subito che togliere e basta non è la strategia giusta quando si parla di diete! Spesso (e discutibilmente) quando ci si mette a dieta si tagliano completamente alcune categorie di cibo: abitudine sconsideratamente pericolosa perché non farà altro che aumentare il desiderio di quegli stessi alimenti che ci proibiamo. Non sottovalutiamo il potere psicologico del cibo: se facciamo una dieta ma ci accorgiamo di essere a rischio di abbuffate, non è assolutamente il caso di sottoporci allo stress della rinuncia totale di un determinato alimento.

Il trucco, in questo caso, non è togliere ma aggiungere! Cioè mangiare gli alimenti “proibiti” nelle giuste circostanze, quando non siamo a rischio abbuffata. Per esempio, un buon compromesso in questi casi è organizzare un’uscita con amici o parenti per mangiare con loro una pizza (o qualsiasi altro alimento pericoloso): assoceremo al momento goloso la situazione conviviale, e la presenza di altre persone farà da freno ad una nostra eventuale compulsione successiva. Sfruttiamo merende con le amiche per una cioccolata con panna, pomeriggi di studio in compagnia per i biscotti, cene fuori per la pizza, pranzi di famiglia per lasagne o cannelloni.

Inoltre, quando scegliamo di seguire una dieta, è imprescindibile che il tipo di alimentazione non sia a ridotto contenuto di proteine e grassi, e che abbia il giusto apporto di carboidrati. Diete sbilanciate sono vissute dal corpo come una privazione di cibo: soggetti predisposti ad abbuffate saranno a maggior rischio di recidivare questo comportamento.

Facciamo un esempio. La fame “vera” è causata da un abbassamento dei livelli di glicemia sotto la soglia che permette al cervello di lavorare bene: gli alimenti che fanno risalire più velocemente la glicemia sono i carboidrati. La fame nervosa o compulsiva tende quindi ad orientarsi verso i carboidrati, l’unico tra i macronutrienti che sia connesso ai meccanismi di gratificazione cerebrali in senso meramente biochimico: una fiorentina può farci sentire appagati in senso edonico (gratificazione generale), ma una fetta di torta, con i suoi zuccheri e le sue farine, va a sollecitare gli stessi meccanismi cerebrali connessi alla dipendenza da sostanze, seppure in forma nettamente minore. Vi è mai capitato di sentirvi sazi ma di avere ancora il pensiero rivolto al pane, al dolce o ai tarallini? Se vi venissero offerti li accettereste volentieri, mentre non pensereste ad un bis di bistecca.

Dobbiamo allora eliminare del tutto i carboidrati? Certo che no. Una privazione di carboidrati troppo rigida predisporrà ad un’abbuffata ulteriore, mentre la giusta presenza quotidiana di questi nutrienti ci aiuterà a non connotarli più come negativi. Come vedete: meglio aggiungere (bene) che togliere!

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